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Pollina: rifiuto o sottoprodotto?

Ing. A.G. Rosa – Adelia srl

 

La definizione di “pollina” che possiamo leggere su Wikipedia è:

la pollina è un concime organico ottenuto dal riciclaggio per trattamento industriale delle deiezioni degli allevamenti avicoli. Per le sue caratteristiche chimiche, funzionalmente si colloca in una posizione intermedia fra i fertilizzanti organici e i concimi chimici.

Più in generale questo prodotto può essere definito come “stallatico” e cioè:  escrementi e/o urina di animali di allevamento diversi dai pesci d’allevamento, con o senza lettiera (Reg. CE 1069/2009 – Art.3 Par.20)).

Ma la pollina è un rifiuto o un sottoprodotto?

La norma attribuisce la qualifica di sottoprodotto, con riferimento all’origine, alla formazione ed alla destinazione del seguente materiale:

  1. prodotto derivante dall’attività dell’impresa”;
  2. prodotto “in via continuativa dal processo industriale” (nel senso di una necessità propria di un determinato processo produttivo adottato in concreto dall’imprenditore, il quale genera il prodotto tipico di quella specifica lavorazione e contestualmente il sottoprodotto);
  3. destinato ad un ulteriore impiego o al consumo

Il residuo produttivo andrà qualificato come sottoprodotto in quanto:

  • l’impresa non si disfi di esso (cioè non lo tratti come rifiuto);
  • lo impieghi direttamente presso l’impresa che lo produce;
  • o, in alternativa, lo commercializzi a condizioni economicamente favorevoli per l’impresa stessa direttamente per il consumo o per l’impiego;
  • non necessiti di trasformazioni preliminari, da intendersi come “operazione che faccia perdere al sottoprodotto la sua identità ossia le caratteristiche merceologiche di qualità e le proprietà che esso già possiede e che renda necessaria per il successivo impiego in un processo produttivo o per il consumo” (onere probatorio sull’impiego del sottoprodotto);
  • l’utilizzazione deve essere certa e non eventuale;
  • l’utilizzo non deve comportare condizioni peggiorative (rispetto a quelle delle normali attività produttive) per l’ambiente e per la salute;
  • Deve essere conforme agli standard merceologici, nonché alle norme tecniche di sicurezza e di settore.

Per quanto riguarda l’onere probatorio dell’impiego presso terzi, ovvero in un altro processo produttivo svolto da una distinta impresa, ubicata in un territorio differente da quello dell’azienda di origine (nazionale, comunitario o fuori dei confini dell’UE) è necessaria un’attestazione del produttore e dell’utilizzatore.

E’ bene chiarire, tuttavia, che in base al comma 4 dell’art. 8 del DM 264/2016:

La responsabilità del produttore in relazione alla gestione del sottoprodotto è limitata alle fasi precedenti alla consegna dello stesso all’utilizzatore o a un intermediario

E’ quindi fondamentale definire anche se il trasporto è a cura di chi vende (produttore) o di chi acquista (utilizzatore), perché in questo caso si aggiungono anche le responsabilità relative alle modalità in sicurezza durante le fasi di movimentazione e trasporto.

Da tutti questi riferimenti normativi emergono le seguenti considerazioni:

  • La pollina, per essere utilizzata, subisce un trattamento di essiccazione. Questo ha rappresentato un primo dubbio sulla sua classificazione di sottoprodotto in quanto lo stesso d.lg. n4/2008 ne rimarcava il divieto di sottoporli a trattamenti preventivi o a trasformazioni preliminari finalizzati all’ottenimento di determinate caratteristiche. Tuttavia, con sentenza 1230/2013 il CdS ha stabilito che:

la pre-essiccazione della pollina mediante ventilazione forzata è un trattamento che non eccede la normale pratica industriale, e che quindi tale prassi rende possibile l’applicazione dell’articolo 184-bis del DLgs 152/06 e s.m.i. consentendo l’attribuzione della qualifica di sottoprodotto a tale materiale.

A chiudere la questione è poi intervenuto il DM 264/2016 che ha ufficialmente classificato la pollina come biomassa e quindi come sottoprodotto; nella sezione 2 dell’Allegato 1 allo stesso DM 264/16, oltretutto, si indica, fra le operazioni che costituiscono normali pratiche industriali, anche quella di essiccazione, recependo in pieno le precedenti normative e sentenze.

 

L’utilizzo come concime, però, pone l’attenzione su tre aspetti non trascurabili:

  • L’utilizzazione deve essere certa e non eventuale: in questo caso se la pollina è inviata ad un’azienda produttrice di concimi, è sufficiente una dichiarazione da parte dell’acquirente che il prodotto è utilizzato nel proprio ciclo produttivo come “tal quale”. Nel caso di utilizzo come biomassa per produzione di energia, vale, ovviamente lo stesso concetto e la stessa procedura dichiarativa. Il riferimento ad una autorizzazione all’espletamento dell’attività è sicuramente un dato che conferisce certezza di utilizzo e destinazione.

 

Nel caso di acquisto da parte di proprietari terrieri o di aziende agricole, l’impiego della pollina deve garantire i seguenti due concetti:

  • L’utilizzo dei sottoprodotti non deve comportare condizioni peggiorative per l’ambiente e la salute e il loro impiego non deve dare luogo ad emissioni e ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli autorizzati per l’impianto (o l’area) dove sono destinati ad essere utilizzati.
  • Il sottoprodotto deve essere conforme agli standard merceologici.

Nel primo caso (punto 2) deve essere certamente l’acquirente a certificare che l’impiego della pollina non peggiori le condizioni ambientali né vada contro limiti autorizzativi imposti da enti pubblici (es.: AUA, AIA, ecc). Nel caso di vendita ad aziende agricole o ad agricoltori, può quindi essere utile avere una copia del PUA, redatto da tecnico abilitato, e richiamare il documento nell’atto di vendita. E’ fondamentale che l’area su cui verrà distribuita la pollina non sia una ZVN, secondo il piano regionale.

Nel secondo caso (punto 3) sarebbe consigliabile che il venditore di pollina, attraverso analisi almeno annuali, possa certificare che il sottoprodotto rientri negli standard merceologici cui è destinato.

Queste due procedure (punto a per l’acquirente e punto b per il produttore del sottoprodotto) potrebbero assolvere all’onere probatorio dell’impiego presso terzi, ed alla necessità dell’attestazione del produttore controfirmata dall’utilizzatore.

Il comma 4, dell’art.5, del DM 264/2016, suggerisce, tra l’altro, che “costituisce  elemento  di  prova l’esistenza di rapporti o impegni contrattuali tra il produttore  del residuo, eventuali intermediari e  gli  utilizzatori,  dai  quali  si evincano le informazioni relative alle caratteristiche  tecniche  dei sottoprodotti, alle relative modalità di utilizzo e alle  condizioni della cessione che  devono  risultare  vantaggiose  e  assicurare  la produzione di una utilità economica o di altro tipo”. Quindi ogni forma contrattuale, integrata da documenti tecnici ed analitici, senza dubbio contribuisce a dimostrare che le condizioni richieste dai legislatori ai fini della classificazione come sottoprodotto, sono tutte rispettate dalla pollina.

Il DM 264/2016, in caso di assenza di documentazione tecnico-descrittiva, chiede di compilare una scheda tecnica (Allegato 2 del DM 264/2016) su cui sono previste tutte le informazioni per descrivere il sottoprodotto oggetto di cessione.

A questo punto ci viene incontro la normativa sui cosiddetti S.O.A. cioè i Sottoprodotti di Origine Animale e cioè:

  • Regolamento (CE) n° 1069/2009 – del Parlamento europeo e del consiglio – 21 ottobre 2009 – Norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale ed ai prodotti derivati.
  • Regolamento (UE) n° 142/2011 – Disposizioni di applicazione del regolamento n° 1069/2009
  • Accordo Stato-Regioni – Linee Guida per l’applicazione del Regolamento (CE) 1069/2009
  • DLgs 142/2012 – Sistema Sanzionatorio (per contravvenzioni ai vari articoli del Regolamento CE 1069/2009)

In questi documenti i S.O.A. sono distinti in 3 categorie: la pollina (stallatico) è elencato fra i sottoprodotti di Categoria 2.

 

Il primo documento da consultare è quello delle Linee Guida. In esso ci sono continui riferimenti ai due regolamenti europei, ma anche al Regolamento (CE) 183/2005 (obbligo notifica se i SOA sono impiegati come materie prime per mangimi) ed al DM 7 aprile 2006 (art.20) che fornisce indicazioni sul trasporto dello stallatico.

Su questo documento, in particolare all’art.5 – parr. 12 e 13 si legge:

Il trasporto di stallatico compresi quindi gli effluenti di allevamento, così come definiti dal DM 07/04/2006, ai fini dell’utilizzazione agronomica, tra due punti situati presso la stessa azienda zootecnica o tra aziende e utilizzatori di stallatico all’interno del territorio nazionale, non è soggetto a registrazione ai sensi del Regolamento (CE) 1069/2009 e può essere effettuato senza documento commerciale o certificato sanitario (Reg. CE 1069/2009 – art.21 Par.2 comma 2). Il trasporto dovrà essere accompagnato dalla documentazione prevista dall’art.20 del DM 7 aprile 2006 atta a garantire il controllo sulla movimentazione di detti materiali.

Lo stallatico e gli effluenti di allevamento devono essere raccolti e trasportati utilizzando veicoli o contenitori idonei per evitare fuoriuscite di materiale in forma palabile, privata di liquidi di sgrondo.

Il modulo richiamato nell’art.20 del DM 7 aprile 2006 è sostanzialmente conforme anche al citato allegato 2 del DM 264/2016, perché contiene tutte le informazioni per identificare lo stallatico.

La registrazione delle quantità di pollina inviata come sottoprodotto non è quindi obbligatoria. Tuttavia, ad evitare qualunque forma di obiezione da parte di organi di controllo, ci sentiamo di suggerire un’archiviazione sistematica di tutti questi documenti di accompagno per poi renderli disponibili alle Autorità competenti durante le inevitabili e periodiche verifiche ispettive.

Per approfondimenti o consulenze, vi invitiamo a contattare i ns. uffici ai numeri indicati in questo sito.

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