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News Ambiente – Regione Lazio

L’Arpa del Lazio ha aggiornato le istruzioni per l’installazione di impianti per il compostaggio locale dei rifiuti organici da parte dei Comuni.

La Corte Costituzionale ha bocciato la legge regionale del Lazio che delega ai Comuni la competenza all’autorizzazione di impianti di smaltimento e recupero di veicoli fuori uso.

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Pollina: rifiuto o sottoprodotto?

Ing. A.G. Rosa – Adelia srl

 

La definizione di “pollina” che possiamo leggere su Wikipedia è:

la pollina è un concime organico ottenuto dal riciclaggio per trattamento industriale delle deiezioni degli allevamenti avicoli. Per le sue caratteristiche chimiche, funzionalmente si colloca in una posizione intermedia fra i fertilizzanti organici e i concimi chimici.

Più in generale questo prodotto può essere definito come “stallatico” e cioè:  escrementi e/o urina di animali di allevamento diversi dai pesci d’allevamento, con o senza lettiera (Reg. CE 1069/2009 – Art.3 Par.20)).

Ma la pollina è un rifiuto o un sottoprodotto?

La norma attribuisce la qualifica di sottoprodotto, con riferimento all’origine, alla formazione ed alla destinazione del seguente materiale:

  1. prodotto derivante dall’attività dell’impresa”;
  2. prodotto “in via continuativa dal processo industriale” (nel senso di una necessità propria di un determinato processo produttivo adottato in concreto dall’imprenditore, il quale genera il prodotto tipico di quella specifica lavorazione e contestualmente il sottoprodotto);
  3. destinato ad un ulteriore impiego o al consumo

Il residuo produttivo andrà qualificato come sottoprodotto in quanto:

  • l’impresa non si disfi di esso (cioè non lo tratti come rifiuto);
  • lo impieghi direttamente presso l’impresa che lo produce;
  • o, in alternativa, lo commercializzi a condizioni economicamente favorevoli per l’impresa stessa direttamente per il consumo o per l’impiego;
  • non necessiti di trasformazioni preliminari, da intendersi come “operazione che faccia perdere al sottoprodotto la sua identità ossia le caratteristiche merceologiche di qualità e le proprietà che esso già possiede e che renda necessaria per il successivo impiego in un processo produttivo o per il consumo” (onere probatorio sull’impiego del sottoprodotto);
  • l’utilizzazione deve essere certa e non eventuale;
  • l’utilizzo non deve comportare condizioni peggiorative (rispetto a quelle delle normali attività produttive) per l’ambiente e per la salute;
  • Deve essere conforme agli standard merceologici, nonché alle norme tecniche di sicurezza e di settore.

Per quanto riguarda l’onere probatorio dell’impiego presso terzi, ovvero in un altro processo produttivo svolto da una distinta impresa, ubicata in un territorio differente da quello dell’azienda di origine (nazionale, comunitario o fuori dei confini dell’UE) è necessaria un’attestazione del produttore e dell’utilizzatore.

E’ bene chiarire, tuttavia, che in base al comma 4 dell’art. 8 del DM 264/2016:

La responsabilità del produttore in relazione alla gestione del sottoprodotto è limitata alle fasi precedenti alla consegna dello stesso all’utilizzatore o a un intermediario

E’ quindi fondamentale definire anche se il trasporto è a cura di chi vende (produttore) o di chi acquista (utilizzatore), perché in questo caso si aggiungono anche le responsabilità relative alle modalità in sicurezza durante le fasi di movimentazione e trasporto.

Da tutti questi riferimenti normativi emergono le seguenti considerazioni:

  • La pollina, per essere utilizzata, subisce un trattamento di essiccazione. Questo ha rappresentato un primo dubbio sulla sua classificazione di sottoprodotto in quanto lo stesso d.lg. n4/2008 ne rimarcava il divieto di sottoporli a trattamenti preventivi o a trasformazioni preliminari finalizzati all’ottenimento di determinate caratteristiche. Tuttavia, con sentenza 1230/2013 il CdS ha stabilito che:

la pre-essiccazione della pollina mediante ventilazione forzata è un trattamento che non eccede la normale pratica industriale, e che quindi tale prassi rende possibile l’applicazione dell’articolo 184-bis del DLgs 152/06 e s.m.i. consentendo l’attribuzione della qualifica di sottoprodotto a tale materiale.

A chiudere la questione è poi intervenuto il DM 264/2016 che ha ufficialmente classificato la pollina come biomassa e quindi come sottoprodotto; nella sezione 2 dell’Allegato 1 allo stesso DM 264/16, oltretutto, si indica, fra le operazioni che costituiscono normali pratiche industriali, anche quella di essiccazione, recependo in pieno le precedenti normative e sentenze.

 

L’utilizzo come concime, però, pone l’attenzione su tre aspetti non trascurabili:

  • L’utilizzazione deve essere certa e non eventuale: in questo caso se la pollina è inviata ad un’azienda produttrice di concimi, è sufficiente una dichiarazione da parte dell’acquirente che il prodotto è utilizzato nel proprio ciclo produttivo come “tal quale”. Nel caso di utilizzo come biomassa per produzione di energia, vale, ovviamente lo stesso concetto e la stessa procedura dichiarativa. Il riferimento ad una autorizzazione all’espletamento dell’attività è sicuramente un dato che conferisce certezza di utilizzo e destinazione.

 

Nel caso di acquisto da parte di proprietari terrieri o di aziende agricole, l’impiego della pollina deve garantire i seguenti due concetti:

  • L’utilizzo dei sottoprodotti non deve comportare condizioni peggiorative per l’ambiente e la salute e il loro impiego non deve dare luogo ad emissioni e ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli autorizzati per l’impianto (o l’area) dove sono destinati ad essere utilizzati.
  • Il sottoprodotto deve essere conforme agli standard merceologici.

Nel primo caso (punto 2) deve essere certamente l’acquirente a certificare che l’impiego della pollina non peggiori le condizioni ambientali né vada contro limiti autorizzativi imposti da enti pubblici (es.: AUA, AIA, ecc). Nel caso di vendita ad aziende agricole o ad agricoltori, può quindi essere utile avere una copia del PUA, redatto da tecnico abilitato, e richiamare il documento nell’atto di vendita. E’ fondamentale che l’area su cui verrà distribuita la pollina non sia una ZVN, secondo il piano regionale.

Nel secondo caso (punto 3) sarebbe consigliabile che il venditore di pollina, attraverso analisi almeno annuali, possa certificare che il sottoprodotto rientri negli standard merceologici cui è destinato.

Queste due procedure (punto a per l’acquirente e punto b per il produttore del sottoprodotto) potrebbero assolvere all’onere probatorio dell’impiego presso terzi, ed alla necessità dell’attestazione del produttore controfirmata dall’utilizzatore.

Il comma 4, dell’art.5, del DM 264/2016, suggerisce, tra l’altro, che “costituisce  elemento  di  prova l’esistenza di rapporti o impegni contrattuali tra il produttore  del residuo, eventuali intermediari e  gli  utilizzatori,  dai  quali  si evincano le informazioni relative alle caratteristiche  tecniche  dei sottoprodotti, alle relative modalità di utilizzo e alle  condizioni della cessione che  devono  risultare  vantaggiose  e  assicurare  la produzione di una utilità economica o di altro tipo”. Quindi ogni forma contrattuale, integrata da documenti tecnici ed analitici, senza dubbio contribuisce a dimostrare che le condizioni richieste dai legislatori ai fini della classificazione come sottoprodotto, sono tutte rispettate dalla pollina.

Il DM 264/2016, in caso di assenza di documentazione tecnico-descrittiva, chiede di compilare una scheda tecnica (Allegato 2 del DM 264/2016) su cui sono previste tutte le informazioni per descrivere il sottoprodotto oggetto di cessione.

A questo punto ci viene incontro la normativa sui cosiddetti S.O.A. cioè i Sottoprodotti di Origine Animale e cioè:

  • Regolamento (CE) n° 1069/2009 – del Parlamento europeo e del consiglio – 21 ottobre 2009 – Norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale ed ai prodotti derivati.
  • Regolamento (UE) n° 142/2011 – Disposizioni di applicazione del regolamento n° 1069/2009
  • Accordo Stato-Regioni – Linee Guida per l’applicazione del Regolamento (CE) 1069/2009
  • DLgs 142/2012 – Sistema Sanzionatorio (per contravvenzioni ai vari articoli del Regolamento CE 1069/2009)

In questi documenti i S.O.A. sono distinti in 3 categorie: la pollina (stallatico) è elencato fra i sottoprodotti di Categoria 2.

 

Il primo documento da consultare è quello delle Linee Guida. In esso ci sono continui riferimenti ai due regolamenti europei, ma anche al Regolamento (CE) 183/2005 (obbligo notifica se i SOA sono impiegati come materie prime per mangimi) ed al DM 7 aprile 2006 (art.20) che fornisce indicazioni sul trasporto dello stallatico.

Su questo documento, in particolare all’art.5 – parr. 12 e 13 si legge:

Il trasporto di stallatico compresi quindi gli effluenti di allevamento, così come definiti dal DM 07/04/2006, ai fini dell’utilizzazione agronomica, tra due punti situati presso la stessa azienda zootecnica o tra aziende e utilizzatori di stallatico all’interno del territorio nazionale, non è soggetto a registrazione ai sensi del Regolamento (CE) 1069/2009 e può essere effettuato senza documento commerciale o certificato sanitario (Reg. CE 1069/2009 – art.21 Par.2 comma 2). Il trasporto dovrà essere accompagnato dalla documentazione prevista dall’art.20 del DM 7 aprile 2006 atta a garantire il controllo sulla movimentazione di detti materiali.

Lo stallatico e gli effluenti di allevamento devono essere raccolti e trasportati utilizzando veicoli o contenitori idonei per evitare fuoriuscite di materiale in forma palabile, privata di liquidi di sgrondo.

Il modulo richiamato nell’art.20 del DM 7 aprile 2006 è sostanzialmente conforme anche al citato allegato 2 del DM 264/2016, perché contiene tutte le informazioni per identificare lo stallatico.

La registrazione delle quantità di pollina inviata come sottoprodotto non è quindi obbligatoria. Tuttavia, ad evitare qualunque forma di obiezione da parte di organi di controllo, ci sentiamo di suggerire un’archiviazione sistematica di tutti questi documenti di accompagno per poi renderli disponibili alle Autorità competenti durante le inevitabili e periodiche verifiche ispettive.

Per approfondimenti o consulenze, vi invitiamo a contattare i ns. uffici ai numeri indicati in questo sito.

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Per poter correttamente adempiere agli obblighi previsti da norme e linee guida è necessario innanzitutto comprendere cosa si intende quando si parla di “sanificazione”.

 

Per favorire una maggiore chiarezza riprendiamo alcune definizioni presenti nel documento:

  • Sanificazione: (DM 7 luglio 1997, n. 274) ‘complesso di procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti mediante l’attività di pulizia e/o di disinfezione e/o di disinfestazione ovvero mediante il controllo e il miglioramento delle condizioni del microclima per quanto riguarda la temperatura, l’umidità e la ventilazione ovvero per quanto riguarda l’illuminazione e il rumore’. La sanificazione “comprende attività di pulizia e/o attività di disinfezione che vanno intese “come un insieme di attività interconnesse tra di loro’”.
  • Sanitizzazione: “è un termine importato dalla traduzione dall’inglese del termine “sanitisation” che, nella forma originale, viene utilizzato come sinonimo di “disinfezione”.
  • Biocida: ( Regolamento N. 528/2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 22 maggio 2012 – BPR) ‘qualsiasi sostanza o miscela nella forma in cui è fornita all’utilizzatore, costituita da, contenente o capace di generare uno o più principi attivi, allo scopo di distruggere, eliminare e rendere innocuo, impedire l’azione o esercitare altro effetto di controllo su qualsiasi organismo nocivo, con qualsiasi mezzo diverso dalla mera azione fisica o meccanica’.
  • Decontaminazione: “è una metodica prevista dal Decreto Ministeriale 28/09/90 ‘Norma di protezione dal contagio professionale da HIV nelle strutture sanitarie ed assistenziali pubbliche e private’. È una procedura che ha lo scopo di ridurre la carica degli agenti patogeni sulle superfici dei presidi impiegati, riducendo il rischio biologico per gli operatori. Deve avvenire il più precocemente possibile prima che si abbiano coagulazione ed incrostazioni di sangue e di siero’.
  • Detersione: “la detersione consiste nella rimozione e nell’allontanamento dello sporco e dei microrganismi in esso presenti, con conseguente riduzione della carica microbica. Il risultato dell’azione di detersione dipende da alcuni fattori: azione meccanica (es. sfregamento), azione chimica (detergente), temperatura e durata dell’intervento. La detersione e un intervento obbligatorio prima di disinfezione e sterilizzazione, perché lo sporco e ricco di microrganismi che vi si moltiplicano attivamente ed e in grado di ridurre l’attività dei disinfettanti”.
  • Disinfettante: “una sostanza/miscela di natura chimica in grado di ridurre la quantità di agenti potenzialmente patogeni (quali batteri, funghi, o virus). Sono prodotti da applicare su oggetti inanimati (superfici, tessuti), prodotti per il trattamento delle acque, prodotti per la disinfezione della cute dell’uomo o per l’utilizzo in ambito veterinario (disinfezione delle mammelle degli animali da latte, degli zoccoli, ecc.)”. La disinfezione è l’attività che riguarda il “complesso di procedimenti e operazioni atti ad abbattere la carica microbica di un ambiente, superficie, strumento, ecc”.
  • Igienizzante (per ambienti): “prodotto che ha come fine quello di rendere igienico, ovvero pulire eliminando le sostanze nocive presenti. Questi prodotti qualora riportino in etichetta diciture, segni, pittogrammi, marchi e immagini che di fatto riconducono a qualsiasi tipo di attività igienizzante e di rimozione di germi e batteri, senza l’indicazione della specifica autorizzazione, non sono da considerarsi come prodotti con proprietà disinfettanti/biocidi, bensì sono prodotti detergenti (igienizzante per ambienti) ed in quanto tali immessi in commercio come prodotti di libera vendita”.
  • Sterilizzazione: “processo fisico o chimico che porta alla distruzione mirata di ogni forma microbica vivente, sia in forma vegetativa che in forma di spore”.
  • Pulizia: ( Regolamento 648/2004) ‘il processo mediante il quale un deposito indesiderato viene staccato da un substrato o dall’interno di un sostrato e portato in soluzione o dispersione’. Per le attività di pulizia “si utilizzano prodotti detergenti/igienizzanti per ambiente – i due termini sono equivalenti – che rimuovono lo sporco mediante azione meccanica o fisica e questa attività si può applicare anche a organismi potenzialmente nocivi e, nell’ambito di tale funzione, questi prodotti possono anche esplicare un’azione igienizzante”.
  • Presidi Medico Chirurgici (PMC): “i prodotti disinfettanti che in accordo con il BPR ricadono sotto la normativa nazionale sono identificati con la denominazione di Presidi Medico Chirurgici (PMC). I PMC, per poter essere immessi in commercio sul mercato italiano, devono essere autorizzati dal Ministero della salute ai sensi del D.P.R. 392 del 6 ottobre 1998 e del Provvedimento 5 febbraio 1999, dopo opportuna valutazione degli studi presentati dai richiedenti all’Istituto Superiore di Sanità, che valuta la composizione quali-quantitativa, l’efficacia nei confronti degli organismi target, la pericolosità e la stabilità”.

 

Ricordiamo, in conclusione, che il più volte citato regolamento BPR – Regolamento UE n. 528/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012 – concerne l’immissione sul mercato e l’ uso di biocidi utilizzati per la tutela dell’uomo, degli animali, dei materiali o degli articoli contro organismi nocivi, quali parassiti o batteri, mediante l’azione di principi attivi contenuti nel biocida. Il regolamento nasce per favorire il funzionamento del mercato dei biocidi all’interno dell’Unione Europea, garantendo anche un elevato livello di tutela degli uomini e dell’ambiente.

Infine il Regolamento (CE) n. 648/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004, relativo ai detergenti, è in vigore dall’8 ottobre 2005 e introduce nuove norme per garantire una applicazione uniforme in tutta l’Unione dei requisiti di biodegradabilità dei detergenti tensioattivi.

Fonte: Punto Sicuro

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La sanificazione, una delle azioni indicate dalla normativa e dai vari “protocolli condivisi” per la gestione dell’emergenza COVID-19, è definita dal DM 7 luglio 1997 n. 274 come quel complesso di procedimenti e operazioni “atti a rendere sani determinati ambienti mediante l’attività di pulizia e/o di disinfezione e/o di disinfestazione ovvero mediante il controllo e il miglioramento delle condizioni del microclima per quanto riguarda la temperatura, l’umidità e la ventilazione ovvero per quanto riguarda l’illuminazione e il rumore”. E dunque la sanificazione “è un ‘complesso di procedimenti e di operazioni’ che comprende attività di pulizia e/o attività di disinfezione che vanno intese ‘come un insieme di attività interconnesse tra di loro’ quali la pulizia e la disinfezione”. In alcuni casi “con la sola pulizia (es. trattamenti con il calore) o con la sola disinfezione è possibile ottenere la stessa efficacia nei confronti dei virus”.

 

Il trattamento di sanificazione mediante radiazione ultravioletta

Il documento, che costituisce il Rapporto ISS COVID-19 n. 25/2020 ed è curato dal Gruppo di Lavoro ISS Biocidi COVID-19 con la collaborazione di varie altre realtà, si sofferma su varie forme di trattamenti di sanificazione.

Il rapporto si sofferma, ad esempio, sul trattamento mediante radiazione ultravioletta ricordando che la “radiazione UV-C ha la capacità di modificare il DNA o l’RNA dei microorganismi impedendo loro di riprodursi e quindi di essere dannosi. Per tale motivo viene utilizzata in diverse applicazioni, quali la disinfezione di alimenti, acqua e aria. Studi in vitro hanno dimostrato chiaramente che la luce UV-C è in grado di inattivare il 99,99% del virus dell’influenza in aerosol”. Inoltre l’azione virucida e battericida, dei raggi UV-C è stata dimostrata in studi su virus analoghi al MERS-CoV e SARS-CoV-1.

Gli emettitori di radiazioni UV-C che possono avere funzione di pulizia, igienizzazione o disinfezione, “hanno dimostrato che la potenza della luce UV-C e il tempo in cui le superfici sono esposte a questa luce variavano considerevolmente tra i prodotti di pulizia UV-C commercializzati ed in base al design del prodotto. Se le superfici sono esposte a una radiazione UV non sufficientemente intensa, ciò potrebbe comportare una disinfezione inadeguata e conseguenti problemi di sicurezza e prestazioni”.

In ogni caso bisogna ricordare che la radiazione UV-C “può essere utilizzata in sicurezza in sistemi chiusi per disinfettare le superfici o gli oggetti in un ambiente chiuso in cui la luce UV non fuoriesce all’esterno”, ma “i sistemi tradizionali con lampade UV-C installate a parete o a soffitto che generano luce UV-C in assenza di protezione dell’utente dall’esposizione, rappresentano un potenziale pericolo in funzione della lunghezza d’onda, dell’intensità e della durata di esposizione, in considerazione del fatto che la radiazione UV-C di per sé non può essere percepita dall’essere umano in quanto non dà alcuna sensazione termica e non è visibile”. La radiazione UV-C “nell’intervallo 180 nm 280 nm è in grado di produrre gravi danni ad occhi e cute. Inoltre la radiazione UV-C è un cancerogeno certo per l’uomo per tumori oculari e cutanei (Gruppo 1 A IARC)”.

In questo senso l’impiego di tali sistemi è “disciplinato dal DL.vo 81/2008 Titolo VIII Capo V che prescrive l’obbligo di valutazione del rischio per le sorgenti di radiazioni ottiche artificiali e fissa specifici valori limite di esposizione per la prevenzione degli effetti avversi su occhi e cute derivanti da esposizione ad UV), espressamente indicati nel testo di legge e riportati in Tabella 3, recependo la Direttiva Europea 2006/25/UE Radiazioni Ottiche Artificiali”.

Si rimanda alla lettura integrale del documento che riporta ulteriori informazioni sia sui valori limite fissati dalla vigente normativa, sia sulle modalità d’uso delle eventuali lampade germicide, anche con riferimento al loro utilizzo negli ambienti ospedalieri. E si ricorda che la manutenzione di tali apparati “è estremamente importante ai fini dell’efficacia e della sicurezza. In caso di rottura della lampada germicida a mercurio è necessario ventilare l’ambiente ed evitare qualsiasi contaminazione per contatto ed inalazione del vapore del mercurio contenuto nella lampada, che è altamente tossico. Dovrà essere predisposta una procedura di rimozione in sicurezza dei frammenti della lampada, secondo quanto indicato nel manuale di istruzioni fornito dal costruttore”.

 

Il trattamento di sanificazione mediante cloro attivo

Un altro trattamento di sanificazione presentato, in relazione all’emergenza COVID-19, riguarda poi l’uso del cloro attivo.

Si indica che “il cloro attivo generato in situ dal cloruro di sodio per elettrolisi è un principio attivo, attualmente in revisione per l’utilizzo come biocida per diverse applicazioni, inclusa la disinfezione delle superfici. Sebbene la valutazione non sia stata completata, sono già disponibili indicazioni non definitive in merito a efficacia, impatto ambientale e effetti per la salute umana”.

Si indica che il “cloro attivo” – una miscela di “tre specie di cloro disponibile che si formano in soluzione acquosa” – ha attività battericida, fungicida, lievicida, sporicida e virucida ed agisce mediante una modalità di azione ossidante non specifica. Il meccanismo d’azione non specifico del cloro attivo limita il verificarsi di fenomeni di resistenza nei microorganismi. In particolare per quanto riguarda i virus, è stata descritta l’efficacia contro il virus della bronchite infettiva, l’adenovirus di tipo 5, l’HIV, il virus dell’influenza A (H1N1), orthopoxvirus e poliovirus”.

Relativamente agli effetti sulla salute umana, si sottolinea “un rischio non accettabile a seguito di inalazione da parte di utilizzatori professionali durante la disinfezione di grandi superfici, laddove sia prevista una fase di applicazione del prodotto sulle superfici e una successiva pulitura manuale (‘con straccio’). Per questo motivo, se ne sconsiglia lo sversamento diretto sulle superfici. Inoltre, poiché il prodotto può causare irritazione cutanea, va limitato l’utilizzo al solo personale addestrato provvisto di guanti e altri dispositivi di protezione individuale (DPI)”.

E dunque il trattamento con cloro attivo generato in situ “può essere utilizzato in accordo con le limitazioni previste per la tutela dei lavoratori e della salute umana, quale sanitizzante per applicazioni su superfici e per condotte d’acqua idrosanitaria”. E a causa dell’elevata instabilità del principio attivo, “non è consigliato l’utilizzo del prodotto igienizzante al di fuori (non in diretta connessione con la macchina generatrice) del sistema di produzione in situ, ad esempio mediante trasferimento della soluzione ottenuta in appositi flaconi. Nello specifico, il trasferimento in flaconi da parte dell’utilizzatore finale potrebbe comportare un uso improprio con rischio di esposizione e/o intossicazione, qualora venissero utilizzati flaconi anonimi non correttamente etichettati”.

Il trattamento di sanificazione mediante perossido di idrogeno

L’ultimo trattamento su cui ci si sofferma, riguarda l’utilizzo del perossido di idrogeno, un principio attivo che (Competent Authority Report presso ECHA – Agenzia europea per le sostanze chimiche) “è efficace contro numerosi microorganismi (batteri, lieviti, funghi e virus)” e di cui si considera l’applicazione mediante vaporizzazione/aerosolizzazione.

Si segnala che il meccanismo d’azione del perossido d’idrogeno “è legato alle sue proprietà ossidanti e alla denaturazione dei componenti essenziali di microrganismi quali membrane lipidiche, proteine ed acidi nucleici. L’attività antimicrobica scaturisce infatti dalla formazione di potenti ossidanti, quali i radicali idrossilici e i ‘singlet’ dell’ossigeno. Tali specie reattive causano danni irreversibili ai componenti cellulari e al DNA”.

A seconda del metodo di applicazione il perossido di idrogeno, che è commercialmente conosciuto anche come “acqua ossigenata”, può avere molteplici utilizzi.

Si indica che esiste “un tipico processo di decontaminazione basato su perossido d’idrogeno sotto forma di gas plasma con il quale un tasso prestabilito di perossido di idrogeno viene vaporizzato e iniettato in una camera di decontaminazione. L’obiettivo è quello di favorire il più rapidamente possibile la formazione di un film sottile di perossido di idrogeno sulle superfici esposte. Una volta erogata la quantità necessaria di perossido di idrogeno, si passa alla fase di aerazione dove il vapore di perossido di idrogeno viene convertito cataliticamente in ossigeno e acqua. Tale applicazione è soprattutto utilizzata per sterilizzare componenti elettroniche e dispositivi medici (DM) riutilizzabili termolabili ma è un processo spazialmente limitato, in quanto deve essere effettuato in autoclave”.

Inoltre per la disinfezione delle superfici/ambienti il perossido d’idrogeno “può essere applicato mediante aerosol o vapore. La diffusione mediante aerosol, con apparecchiature in grado di produrre particelle nell’ordine di 0,3-0,5 μm, ne consente una diffusione uniforme nell’ambiente”.

Si segnala poi che in merito alla pericolosità, il perossido di idrogeno “è classificato in modo armonizzato secondo il CLP31 come: liquido comburente di categoria 1 [Ox. Liq. 1 – ‘può provocare un incendio o un’esplosione (forte ossidante)]’; corrosivo per la pelle di categoria 1 (Skin. Corr. 1A – ‘provoca gravi ustioni cutanee e gravi lesioni oculari’) e nocivo per ingestione e per inalazione di categoria 4 (Acute Tox. 4 – ‘nocivo se ingerito’ e ‘nocivo se inalato’)”.

Considerando dunque la classificazione del principio attivo e il metodo di applicazione, “l’utilizzo di perossido d’idrogeno vaporizzato/aerosolizzato è ristretto ai soli operatori professionali. Per i trattamenti andranno pertanto osservate le precauzioni del caso (DL.vo 81/2008) ed è inoltre necessario rispettare i tempi per l’accesso ai locali e i tempi di decadimento”.

 

Fonte: Punto Sicuro

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Le indicazioni dell’ISS per i bagnanti e i gestori di stabilimenti

Con oltre 7.000 km di costa e un numero elevato di aree di balneazione (un quarto del totale europeo) abitate da 17 milioni di persone, che possono anche raddoppiare in alta stagione, può diventare significativo il rischio riconducibile al turismo balneare. Affollamenti, spostamenti, vicinanza e contatto sono infatti più frequenti nelle aree tipiche dell’ambiente balneare in stabilimenti, spiagge attrezzate o di libero accesso. Tale rischio può̀ assumere gradi diversi a seconda dei differenti indici sanitari valutati a livello regionale e locale.

 

Assume invece scarsa rilevanza il rischio correlato alla potenziale contaminazione delle acque da reflui o da escreti infetti presenti a monte dell’area di balneazione o diffusi da imbarcazioni. Le misure di controllo e monitoraggio a carattere ambientale e sanitario applicate in base alla normativa vigente, infatti, ma anche la suscettibilità̀ del virus alle variabili ambientali rendono trascurabile il rischio.

 

Sono queste le principali conclusioni del “Rapporto sulle attività di balneazione in relazione alla diffusione del virus SARS-CoV-2” del Gruppo di Lavoro Ambiente-Rifiuti COVID-19 in collaborazione con il Ministero della Salute, l’INAIL, il Coordinamento di Prevenzione della Conferenza Stato Regioni, esperti delle ARPA e altre istituzioni, appena pubblicato con l’obiettivo di alzare il livello di sicurezza nelle spiagge in vista della stagione balneare.

 

Nel rapporto, per una balneazione sicura sono fornite raccomandazioni per tenere sotto controllo i rischi sanitari, integrando i documenti che INAIL e Conferenza Stato regioni avevano già pubblicato.

 

Si tratta di indicazioni semplici, di tipo tecnico che riguardano i controlli ambientali, dal funzionamento dei depuratori, al controllo delle acque reflue e degli scarichi illeciti e di norme igieniche/comportamentali da seguire in stabilimenti e spiagge libere indirizzate ai gestori degli stabilimenti balneari e agli stessi bagnanti.

 

Norme ambientali

Le norme ambientali richiamano e rafforzano la vigilanza su eventuali scarichi illeciti di reflui nei corpi idrici (mare, fiumi, laghi), sul controllo degli impianti di depurazione e sugli scarichi da imbarcazioni. Una particolare attenzione deve essere anche indirizzata all’applicazione delle norme di controllo delle acque di balneazione. È possibile prevedere sospensione, a carattere cautelativo, della balneazione qualora i dati storici di monitoraggio segnalino l’area come interessata, direttamente o indirettamente, dalla presenza di reflui non depurati, scarichi illeciti e/o contaminazione da fosse settiche, che possono influenzare la qualità delle acque nell’area di balneazione.

 

Indicazioni per gli stabilimenti e raccomandazioni per i bagnanti 

Tra le diverse indicazioni, per gli stabilimenti e per i bagnanti viene raccomandato:

  • di prenotare l’accesso agli stabilimenti (anche online), eventualmente per fasce orarie, in modo da prevenire assembramenti, e registrare gli utenti, anche per rintracciare retrospettivamente eventuali contatti a seguito di contagi, mantenendo l’elenco delle presenze per un periodo di almeno 14 giorni, nel rispetto della normativa sulla privacy;
  • di utilizzare cartellonistica e locandine con le regole comportamentali per i fruitori delle aree di balneazione e i bagnanti per prevenire e controllare i rischi – comprensibili anche per utenti di altre nazionalità;
  • di regolamentare gli accessi e gli spostamenti sulle spiagge, anche attraverso percorsi dedicati, e disporre le attrezzature, in modo da garantire in ogni circostanza il distanziamento interpersonale;
  • di garantire distanziamento interpersonale di almeno 1 metro tra persone non appartenenti allo stesso nucleo familiare, in ogni circostanza, anche durante la balneazione;
  • di controllare la temperatura corporea, ove possibile, del personale e dei bagnanti con interdizione di accesso se questa risulta superiore ai 37,5°C;
  • di vietare qualsiasi forma di aggregazione che possa creare assembramenti, quali, tra l’altro, attività di ballo, feste, eventi sociali, degustazioni a buffet;
  • di interdire gli eventi musicali con la sola eccezione di quelli esclusivamente di “ascolto” con postazioni sedute che garantiscano il distanziamento interpersonale;
  • di pulire, con regolarità almeno giornaliera, le varie superfici, gli arredi di cabine e le aree comuni e sanificare in modo regolare e frequente attrezzature (sedie, sdraio, lettini, incluse attrezzature galleggianti e natanti), materiali, oggetti e servizi igienici, limitando l’utilizzo di strutture (cabine docce singole, spogliatoi) per le quali non sia possibile assicurare una disinfezione intermedia tra gli utilizzi promiscui;
  • di non trattare in alcun caso spiagge, terreni, arenili o ambienti naturali con prodotti biocidi;
  • di evitare l’uso promiscuo di qualsiasi attrezzatura da spiaggia;
  • di dotare i bagnanti di disinfettanti per l’igiene delle mani;
  • di fornire disinfettanti e DPI adeguati al personale (mascherine, schermi facciali, guanti) e utilizzare obbligatoriamente DPI in caso di contatti ravvicinati con bagnanti e attività a rischio.

 

L’informativa e la sorveglianza, in ambienti di libero accesso, come le spiagge libere, risulta di difficile praticabilità. Pertanto, in questo ambito sono chiamati i sindaci e/o agli altri enti locali competenti a dover applicare ogni adeguata misura volta a garantire condizioni di riduzione dei rischi e, ove necessario, a definire attività di vigilanza sul rispetto delle misure da parte dei fruitori delle spiagge, a regolamentare gli accessi per consentire il distanziamento interpersonale, individuare le procedure di sanificazione delle attrezzature e delle aree comuni.

 

 Rimangono valide le seguenti indicazioni per tutti:

  • rispetto del distanziamento interpersonale di almeno 1 metro;
  • responsabilità di vigilanza sul distanziamento anche dei bambini;
  • misure di igiene personale, pulizia e disinfezione frequenti delle mani;
  • igiene respiratoria: starnutire e/o tossire in fazzoletti di carta o nel gomito;
  • uso di mascherine quando le misure di distanziamento siano di difficile mantenimento (le mascherine dovranno essere smaltite con i rifiuti indifferenziati).

 

Il rapporto enfatizza come la possibilità̀ di contenere e controllare la diffusione di COVID-19 è fondamentalmente legata ai comportamenti individuali – soprattutto il distanziamento fisico, nel rispetto degli altri. Quest’ultima necessità può̀ comportare in molti casi modalità di fruizione degli ambienti diverse rispetto alla prassi consueta, come il contingentamento degli accessi su prenotazione e l’adeguamento alle rigorose regole comportamentali, tra cui la vigilanza sui bambini.

 

Ogni messaggio comunicativo deve essere improntato alla consapevolezza del ruolo che ognuno deve assumere riguardo alla conoscenza e al rispetto delle rigorose norme che caratterizzeranno questa stagione balneare, con la necessità che tali norme siano adeguatamente diffuse e illustrate ai professionisti del settore e alla popolazione generale.

 

Fonte: ISS

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Discussa questione di fiducia sull’approvazione dell’articolo unico del DDL di conversione, nel testo approvato dalla Camera dei deputati

Informiamo che, con 156 voti favorevoli, 119 contrari e nessuna astensione, il Senato, in data odierna, ha rinnovato la fiducia al Governo, approvando in via definitiva il ddl n.1829, di conversione in legge, con modificazioni, del Decreto-Legge n. 23 in materia di accesso al credito per le imprese (decreto liquidità), sul quale, nella mattinata, il Governo ha posto la questione di fiducia.

Si segnala l’introduzione di una nuova, importante disposizione, che recepisce la proposta di Confindustria volta a superare le criticità segnalate sul tema della responsabilità del datore di lavoro nei casi di contagio da COVID-19 (Articolo 29-bis. – Obblighi dei datori di lavoro per la tutela contro il rischio di contagio da COVID-19).

Dossier di documentazione

Fonte: Unindustria – Lazio

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Presentazione delle domande a partire dal 5 giugno 2020 ore 09.00

Vi informiamo che la CCIAA di Latina ha pubblicato un bando che ha l’obiettivo di erogare voucher per l’acquisto di dispositivi di protezione aziendale ed individuale

Il bando ha una dotazione complessiva di 880.000 euro.

 

BENEFICIARI

Possono presentare domanda le Micro, Piccole e Medie Imprese aventi sede legale e/o unità locali, alla data di presentazione della domanda e fino all’erogazione del contributo, nella circoscrizione territoriale della Camera di Commercio di Latina.

 

SPESE AMMISIBILI

Sono ammesse a contributo le spese per l’acquisto di dispositivi di protezione individuai sostenute effettuati a partire dal 31 gennaio 2020 e fino alla data di presentazione della domanda.

In particolare:

  • Strumenti e prodotti per la sanificazione e/o interventi di sanificazione
  • Guanti, dispenser, strumenti e prodotti specifici per l’igiene delle mani
  • Mascherine filtranti chirurgiche e dispositivi per la protezione oculare
  • Indumenti di protezione (cuffie, copricapo, tute, camici)
  • Calzari e/o soprascarpe
  • Cartellonistica informativa verticale
  • Apparecchiature/dispositivi di sterilizzazione collegati all’attività di impresa
  • Barriere protettive divisorie delle postazioni di lavoro
  • Adesivi calpestabili per garantire il rispetto della distanza di sicurezza ed indicare aree/locali sanificati
  • Dispositivi per la rilevazione della temperatura corporea
  • Sistemi di rilevazione a distanza dei passaggi in ingresso/uscita per il controllo del livello di densità dei flussi e del rispetto delle distanze di sicurezza
  • Sistemi di sanificazione e disinfezione per mani, indumenti e calzature, controllo della temperatura corporea dei dipendenti/clienti in ingresso e in uscita
  • Test seriologici per titolari e personale effettuati o da effettuare presso i laboratori accreditati dalla Regione Lazio.

PRESENTAZIONE DELLE DOMANDE

Le domande possono essere presentate dalle ore 9.00 del 5 giugno 2020 fino alle ore 14.00 del 10 luglio 2020 via pec all’indirizzo bandodpi@lt.legalmail.camcom.it

 

Fonte: UNINDUSTRIA -Lazio
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È ormai noto che per molte attività lavorative una delle azioni più importanti richieste dalla normativa e dai vari protocolli per la gestione dell’emergenza COVID-19, per poter riprendere le attività, è la sanificazione di locali, ambienti, postazioni di lavoro, attrezzature, …

Tuttavia è evidente che per poter operare una idonea sanificazione adatta al contenimento del virus SARS-CoV-2 sono necessarie informazioni precise e sicure.

Per offrirle è stato pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) il Rapporto ISS COVID-19 n. 25/2020 dal titolo “ Raccomandazioni ad interim sulla sanificazione di strutture non sanitarie nell’attuale emergenza COVID-19: superfici, ambienti interni e abbigliamento. Versione del 15 maggio 2020

 

Le procedure e i trattamenti per la sanificazione

Il documento, curato dal Gruppo di Lavoro ISS Biocidi COVID-19 con la collaborazione di varie altre realtà, si sofferma sulle procedure per la sanificazione e ricorda che gli “interventi particolari o periodici di pulizia” previsti nell’allegato 6 del DPCM 26 aprile 2020 “possono comprendere, oltre al lavaggio con detergenti efficaci a rimuovere lo sporco dalle superfici, la disinfezione mediante prodotti disinfettanti PMC o biocidi autorizzati e/o l’uso di ‘sanitizzanti’ con sistemi di generazione in situ” (i prodotti disinfettanti che ricadono sotto la normativa nazionale sono identificati con la denominazione di Presidi Medico Chirurgici – PMC).

Si ricorda poi che “alcune combinazioni di principio attivo/prodotto sono incluse nel programma di riesame dei principi attivi biocidi come disinfettante con vari campi di applicazione BPR” ( Regolamento UE n. 528/2012). E “uno dei principi attivi generati in situ in fase di valutazione come ‘biocida’ è rappresentato dal cloro attivo generato per elettrolisi dal cloruro di sodio, il cui effetto ‘biocida’ è dato dall’equilibrio acido ipocloroso, cloro gassoso e ipoclorito di sodio, in concentrazioni variabili in funzione del pH e della temperatura”.

Il Regolamento UE n. 528/2012 definisce «biocidi»: “qualsiasi sostanza o miscela nella forma in cui è fornita all’utilizzatore, costituita da, contenente o capace di generare uno o più principi attivi, allo scopo di distruggere, eliminare e rendere innocuo, impedire l’azione o esercitare altro effetto di controllo su qualsiasi organismo nocivo, con qualsiasi mezzo diverso dalla mera azione fisica o meccanica”.

Inoltre è in fase di valutazione come “biocida” l’ozono, generato in situ a partire da ossigeno e un altro sistema “è rappresentato dal trattamento con raggi UV a bassa lunghezza d’onda (220 nm) e la vaporizzazione/aerosolizzazione del perossido di idrogeno”.

 

Indicazioni sulla salute di chi utilizza i prodotti di sanificazione

Il documento si sofferma poi sulla tutela della salute degli utilizzatori dei prodotti, del personale e degli astanti.

“I prodotti e le procedure da utilizzare per la sanificazione devono essere attentamente valutati prima dell’impiego, per tutelare la salute sia degli utilizzatori stessi che dei lavoratori addetti e di qualsiasi astante che accederà alle aree sanificate”.

In particolare una volta verificata, sulla base delle indicazioni disponibili, “la necessaria efficacia virucida del prodotto individuato per la disinfezione, la valutazione preventiva ha l’obiettivo di individuare le corrette modalità di impiego al fine di garantire sia l’efficacia del prodotto (detersione preliminare delle superfici, concentrazione d’impiego, tempo di contatto, detersione finale, ecc.) che per individuare le misure di prevenzione e protezione per gli utilizzatori e per i lavoratori addetti che rientreranno nelle aree sanificate. A tal fine è necessario fare riferimento al contenuto e alle indicazioni previste nell’etichetta del prodotto, nella scheda tecnica e nella Scheda di Dati di Sicurezza (SDS). Inoltre, in caso di miscele classificate pericolose per la salute e per la sicurezza o di detergenti sarebbe necessario richiedere al proprio fornitore di prodotti immessi sul mercato anche l’avvenuta notifica all’Archivio Preparati Pericolosi dell’ISS”.

Inoltre gli utilizzatori dei prodotti “dovranno garantire che i propri lavoratori addetti abbiano ricevuto un’adeguata informazione/formazione, in particolare per quanto riguarda l’impiego dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI: es. filtranti facciali, guanti) di terza categoria secondo gli obblighi previsti nel Titolo III Capo II del DL.vo 81/2008 e nel Decreto Interministeriale 2 maggio 2001”. E per quanto riguarda “le misure di prevenzione e protezione delle misure di gestione del rischio da applicare nell’impiego delle attrezzature utilizzate per l’erogazione dei prodotti o per l’eventuale generazione in situ degli stessi, si dovrà fare riferimento al manuale d’uso e manutenzione delle suddette attrezzature nel rispetto degli obblighi di cui al Titolo IX Capo I e al Titolo III Capo II del DL.vo 81/2008”.

Indicazioni e precauzioni per i trattamenti con l’ozono

E’ bene soffermarsi, a titolo esemplificativo, su uno dei trattamenti affrontati dal documento, quello relativo all’utilizzo dell’ozono.

Dopo aver affrontato l’ambito normativo specifico relativo all’ozono, si indica che “l’attività virucida dell’ozono si esplica rapidamente in seguito a ozonizzazione. Come per molti altri prodotti usati nella disinfezione, non esistono informazioni specifiche sull’efficacia contro il SARS COV-2”.

Tuttavia sono disponibili diversi studi che ne supportano l’efficacia virucida “in ambienti sanitari e non. Anche a basse concentrazioni, con elevata umidità, l’ozono ha una elevata azione disinfettante virucida in aria”. E l’International Ozone Association “conferma l’efficacia dell’ozono per l’inattivazione di molti virus anche se non è a conoscenza di ricerche specifiche su SARS-CoV-2”.

E’ noto che “l’ozono è un gas instabile e decade spontaneamente a ossigeno”: in condizioni reali “il tempo di decadimento naturale necessario per rendere accessibili i locali è di almeno 2 ore. Se possibile, è preferibile eseguire i trattamenti nelle ore notturne in modo che alla ripresa del lavoro la quantità di ozono ambientale si trovi entro i limiti di sicurezza sanitaria”.

Bisogna invece evitare di “eliminare l’ozono residuo ricorrendo alla ventilazione forzata per convogliarlo in ambiente esterno: il DL.vo 155/2010 fissa valori limite e obiettivi di qualità anche per le concentrazioni nell’aria ambiente di ozono”.

Si segnala poi che sulla base della normativa CLP e REACH l’ozono è stato classificato come: “sostanza che può provocare o aggravare un incendio; letale se inalata, provoca gravi ustioni cutanee e gravi lesioni oculari, provoca danni agli organi in caso di esposizione prolungata o ripetuta per via inalatoria, molto tossica per l’ambiente acquatico con effetti di lunga durata. Alcuni notificanti identificano l’ozono come sospetto mutageno. Le autorità competenti tedesche hanno manifestato nel 2016 a ECHA l’intenzione di proporre per l’ozono una classificazione ed etichettatura armonizzate anche come mutageno di categoria 2 e cancerogeno di categoria 2”.

Il documento riporta poi i valori limite per esposizioni prolungate nel tempo e segnala che le Linee guida dell’OMS per la qualità dell’aria outdoor (2005) “raccomandano un limite giornaliero di 100 μg/m³ (ca. 0,05 ppm). Il National Institute for Occupational and Safety Health (NIOSH) indica per l’ozono un valore IDLH (concentrazione immediatamente pericolosa per la vita o per la salute) di 5 ppm (10 mg/m3) e livelli di concentrazione simili al valore IDLH o maggiori sono di fatto raggiunti nelle condizioni di utilizzo”.

In definitiva si indica che l’uso di ozono “deve avvenire in ambienti non occupati e debitamente confinati”.

Inoltre per ridurre il rischio “possono essere predisposti dispositivi visivi in ogni punto di accesso degli ambienti in fase di trattamento e allo stesso modo possono essere predisposti segnalatori di libero accesso. Pertanto, prima di ricorrere all’utilizzo di tale sostanza per il trattamento di locali è necessario valutare il rischio di esposizione sia degli addetti alle operazioni di sanificazione sia del personale che fruisce dei locali sanificati. Gli operatori devono essere addestrati ed esperti e provvisti di idonei dispositivi di protezione individuale (DPI)”. E, alla luce di quanto detto, “non è pertanto indicato per uso domestico”.

Si rimanda comunque alla lettura integrale del documento ISS segnalando che esso riporta dettagliate informazioni anche su tre altre tipologie di trattamento mediante:

  • cloro attivo
  • radiazione ultravioletta
  • perossido di idrogeno.

Link per scaricare i documenti citati nel testo:

Gruppo di Lavoro ISS Biocidi COVID-19, “ Raccomandazioni ad interim sulla sanificazione di strutture non sanitarie nell’attuale emergenza COVID-19: superfici, ambienti interni e abbigliamento. Versione del 15 maggio 2020”, Roma: Istituto Superiore di Sanità; 2020 – Rapporto ISS COVID-19 n. 25/2020 (formato PDF, 2.15 MB).

DECRETO-LEGGE 19 maggio 2020, n. 34 – Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonchè di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19

DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 17 maggio 2020 – Disposizioni attuative del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, recante misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, e del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, recante ulteriori misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19

DECRETO-LEGGE 16 maggio 2020, n. 33 – Ulteriori misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19

DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 26 aprile 2020 – Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull’intero territorio nazionale.

Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro.

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22/05/2020: Assosistema ha pubblicato le linee guida e il protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto della diffusione del Covid-19 per le lavanderie industriali operanti nel settore turistico-alberghiero e della ristorazione.

 

Assosistema ha pubblicato le linee guida e il protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto della diffusione del Covid-19 per le lavanderie industriali operanti nel settore turistico-alberghiero e della ristorazione.

In questa fase 2 di riapertura di tutte le attività, comprese quelle di ristoranti e bar, INAIL e ISS hanno fornito le prime ipotesi di rimodulazione delle misure contenitive del contagio da SARS-CoV-2 nel settore della ristorazione e successivamente le linee guida sono state definite dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome con il documento ” Nuovo coronavirus SARS-CoV-2. Linee guida per la riapertura delle Attività Economiche e Produttive

Assosistema, l’Associazione che in Confindustria rappresenta le imprese che svolgono il servizio di noleggio e sanificazione della biancheria per le strutture della ristorazione, ha aggiunto alcuni contributi sulla sicurezza igienica del tovagliato per la ristorazione, materiale indispensabile per poter procedere in sicurezza alle riaperture dei locali.

Il protocollo di sicurezza igienica del tovagliato per la ristorazione. Buone prassi d’igiene della tavola, uso e sanificazione del tessile riutilizzabile

“Il Protocollo contiene le Linee Guida sulle buone prassi d’igiene della tavola, utili alle aziende della ristorazione che si apprestano in questi giorni a riaprire l’attività – spiega Marco Marchetti, Presidente di Assosistema Confindustria – fornendo delle indicazioni chiare ed attuabili sin da subito sul tema dell’igiene e della pulizia dei tavoli, argomenti che meritano un approfondimento ed un’attenzione non solo in questo particolare momento ma come costante elemento di controllo del rischio alimentare”.

“Il modo migliore per evitare la diffusione di germi e batteri durante i pasti – continua Marchetti – è utilizzare tovaglie e tovaglioli riutilizzabili che hanno subito un intero processo industriale di trattamento dal ritiro, cernita, lavaggio, stiratura, ricomposizione, confezionamento fino al trasporto e consegna al cliente finale, da azienda certificata UNI EN 14065 e Linee Guida Assosistema, che garantiscono un controllo sulla biocontaminazione del tessile attraverso un sistema di Risk Analisys Biocontamination Control”.

“Del resto è improprio anche solo immaginare l’utilizzo sui tavoli di articoli usa e getta di provenienza non certificata e di rilevante impatto ambientale – prosegue Marchetti – Senza trascurare che eleganti tovaglie e tovaglioli in tessuto naturale riutilizzabile offrono, oltre al comfort tipico italiano, la praticità di essere facilmente sostituibili al termine di ogni servizio”.

“Il Protocollo spiega come l’operatore di sala, attraverso una procedura veloce e sicura potrà cambiare, in presenza di altri clienti, solo il tovagliato – conclude Marchetti – offrendo, quindi, al cliente successivo il massimo della sicurezza igienica. La scelta di utilizzare tavoli senza tovagliato, di contro, porrebbe creare dei forti problemi in merito alla buona prassi di igienizzazione del tavolo in quanto nel momento del riordino della tavola, la superficie dovrà essere lavata obbligatoriamente in presenza dei clienti e presumibilmente in modo veloce attraverso l’utilizzo di panni e prodotti che abbiano un contenuto disinfettante alto”.

 

Linee Guida contrasto Covid 19 Lavanderie Industriali turismo 

Assosistema Confindustria, insieme alle organizzazioni sindacali di categoria – Filctem CGIL, Femca CISL e Uiltec UIL – ha inoltre firmato le linee guida per l’applicazione del protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro, con specifico riferimento alle lavanderie industriali operanti nel settore turistico-alberghiero e della ristorazione.

Le linee guida sono un’integrazione al Protocollo del 24 aprile 2020, il protocollo che le aziende sono tenute ad applicare in ogni suo punto, sulla base del DPCM 17 maggio 2020, con l’obiettivo di fornire alcune indicazioni specifiche alle imprese del settore per porre in sicurezza i lavoratori, ridurre le possibilità di contagio in azienda e inserendo misure di protezione di riferimento definendo degli standard minimi, normando particolari processi legati al trattamento della biancheria, e definendo una linea politica condivisa su alcuni punti del protocollo.

Le linee guida sono valide per le lavanderie industriali operanti nel settore turistico-alberghiero e della ristorazione, un settore che assisterà ad una graduale riapertura delle attività, seppur inizialmente minima, accompagnata quindi da una graduale ripresa dell’attività lavorativa delle lavanderie industriali, che dovranno gestire il rientro del personale al lavoro. Fatto che invece non avverrà per le lavanderie industriali operanti nel settore sanitario le quali non hanno mai sospeso l’attività produttiva, garantendo la fornitura di materiale sanificato in tutta la fase emergenziale, attuando sin da subito misure rafforzate allo scopo di prevenire e contrastare il contagio tra i lavoratori, in linea con con i protocolli che si sono susseguiti a partire dal 14 marzo 2020.

 

Un video per la sicurezza igienica del tovagliato per la ristorazione

Inoltre al fine di accompagnare al meglio la riapertura in questa fase 2, Assosistema ha realizzato un video sulla ristorazione incentrato sull’analisi delle buone prassi d’igiene della tavola e della sanificazione del tovagliato, offrendo cosi in pochi minuti delle informazioni utili che possono essere veicolate presso tutte le attività ristorative.

Allegati:

Linee-Guida-Assosistema-Confindustria-Lavanderie-Industriali-turismo

PROTOCOLLO ASSOSISTEMA Sicurezza igienica del tovagliato per la ristorazione

 

Fonte: Punto Sicuro

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20/05/2020: Un rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità riporta raccomandazioni sulla sanificazione di strutture non sanitarie nell’attuale emergenza COVID-19.

Focus sulla sopravvivenza del virus sulle superfici e sui vari disinfettanti utilizzabili.

Ma cosa si intende con sanificazione? Quanto rimane il virus SARS-CoV-2 sulle superfici? Come realizzare la sanificazione? Come orientarsi tra i prodotti?

Per rispondere a queste domande è stato pubblicato un recente rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) dal titolo “Raccomandazioni ad interim sulla sanificazione di strutture non sanitarie nell’attuale emergenza COVID-19: superfici, ambienti interni e abbigliamento. Versione del 15 maggio 2020” (vers. 15 maggio 2020 – Rapporto ISS COVID-19 n. 25/2020). Il rapporto presenta, dunque, una “panoramica relativa all’ambito della sanificazione di superfici e ambienti interni non sanitari per la prevenzione della diffusione dell’infezione COVID-19” e le indicazioni riportate “si basano sulle evidenze, a oggi disponibili, relativamente alla trasmissione dell’infezione da SARS-CoV-2, della sopravvivenza del virus su diverse superfici e dell’efficacia dei prodotti utilizzati per la pulizia e la disinfezione/sanitizzazione dei locali”.

Il virus SARS-CoV-2 e la sopravvivenza sulle superfici

Il documento – a cura del Gruppo di Lavoro ISS Biocidi COVID-19 con la collaborazione di varie altre realtà (Ministero della Salute, Gruppo Tecnico Interregionale REACH – CLP, Portale Agenti Fisici, …) – ricorda che quando si parla di sanificazione “si intende il complesso di procedimenti ed operazioni di pulizia e/o disinfezione e mantenimento della buona qualità dell’aria”.

Ed è indubbio che se il lavaggio delle mani costituisce sempre il punto cardine di una corretta prevenzione, la pulizia regolare seguita dalla disinfezione delle superfici e degli ambienti interni rivestono un ruolo cruciale nella prevenzione e contenimento della diffusione del virus”.

Riguardo alla sopravvivenza del virus si indica che studi sui coronavirus, non SARS-CoV-2, quali il virus della SARS e della MERS, “suggeriscono che il tempo di sopravvivenza di questi patogeni sulle superfici, in condizioni sperimentali, oscilla da poche ore fino ad alcuni giorni” in dipendenza del materiale interessato, della concentrazione, della temperatura e dell’umidità (9). Va sottolineato che tale dato si riferisce al reperimento di RNA del virus e non al suo isolamento in forma vitale, e quindi non correlato alla sua reale infettività”.

I disinfettanti per le superfici e gli ambienti

Riguardo poi al contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2 le varie organizzazioni coinvolte nell’emissione di linee guida (ECDC, CDC, OMS) in questa fase emergenziale indicano tre punti fermi:

  • garantire sempre un adeguato tasso di ventilazione e ricambio d’aria;
  • pulire accuratamente con acqua e detergenti neutri superfici, oggetti, ecc.;
  • disinfettare con prodotti adatti, registrati e autorizzati”.

Si indica poi che le linee guida del Centro per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie Europeo (ECDC), di quello Statunitense (CDC) e dell’OMS indicano che “la pulizia con acqua e normali detergenti neutri associata all’utilizzo di comuni prodotti disinfettanti è sufficiente per la decontaminazione delle superfici. In generale, è stato dimostrato che disinfettanti a base di alcoli (es. etanolo, propan-2-olo, propan-1-olo) o ipoclorito di sodio, ma non solo, sono in grado di ridurre significativamente il numero di virus dotati di ‘involucro’ come il SARS-CoV-2”.

E oltre alla pulizia accurata “è altresì importante rinnovare frequentemente l’aria all’interno dell’ambiente”.

Si indica poi che i principi attivi maggiormente utilizzati nei prodotti disinfettanti autorizzati a livello nazionale (Presidi Medico Chirurgici; PMC) ed Europeo (biocidi), “sono l’etanolo, i sali di ammonio quaternario (es. cloruro di didecil dimetil ammonio – DDAC, cloruro di alchil dimetilbenzilammonio, ADBAC), il perossido d’idrogeno, il sodio ipoclorito e altri principi attivi. Le concentrazioni da utilizzare e i tempi di contatto da rispettare per ottenere una efficace azione disinfettante sono dichiarati sull’etichetta apposta sui prodotti disinfettanti stessi, sotto la responsabilità del produttore”.

Ad oggi, sul mercato, “sono disponibili diversi disinfettanti autorizzati che garantiscono l’azione virucida. Pertanto, non è opportuno indicare a priori per un determinato principio attivo una concentrazione o un tempo di contatto efficaci poiché questi parametri sono dimostrati, verificati e, di conseguenza, individuati per ogni singolo prodotto”.

Si ricorda poi che l’utilizzo dei prodotti igienizzanti e disinfettanti “deve essere sempre effettuato nel rispetto delle avvertenze riportate in etichetta o nella scheda dati di sicurezza. È fondamentale non miscelare prodotti diversi perché si potrebbero generare sostanze pericolose”.

E procedure diverse dall’uso di disinfettanti “possono essere proposte, l’adozione delle quali può essere decisa in funzione del tipo di applicazione ove, ad esempio, non sia possibile utilizzare i disinfettanti chimici sopra indicati o nel caso di esigenze diverse da quelle descritte nelle linee guida di ECDC, CDC e OMS.  Si tratta, principalmente, di procedure messe a punto per il trattamento di grandi ambienti o siti difficilmente raggiungibili o al fine di limitare al massimo l’intervento di operatori a contatto diretto con superfici/ambienti contaminati”.

Fonte: Punto Sicuro